By Matthew Moss, Art Monte-Carlo
Le interessa l’adozione di una quadro?
Una volta le Banche delle proprie città erano sinonimo di sicurezza e prestigio, con il loro rassicurante senso di stabilità e rappresentative di tradizioni secolari, espresse spesso da facciate rivestite di granito e sostenute da una fila di colonne doriche che ricordavano le architetture classicheggianti dello stile greco. In alcune delle istituzioni più venerabili, le pareti della sala riunioni, rivestite di pannelli di quercia, erano abbellite dai ritratti degli illustri predecessori dei titolari, probabilmente dipinti da Gainsborough, Raeburn o, addirittura, Van Dyck. Era un’epoca in cui la settimana lavorativa nella City si concludeva il venerdì all’ora di pranzo.
Tutto questo avveniva, comunque, prima della seconda guerra mondiale. I capitani d’industria in stile vittoriano cedettero successivamente i loro “troni” a uomini e donne più giovani, molto più preoccupati di vincere il conflitto contro i nuovi e più veloci rivali commerciali, in patria e all’estero, che di mantenere le tradizioni. Un effetto collaterale di questa “rivoluzione” fu la necessità delle aziende di monetizzare i loro beni artistici. Le tele di Sir Joshua Reynolds, John Hoppner e Sir Thomas Lawrence, che non fruttavano interessi, vennero così eliminate dall’ufficio del presidente. Esistevano, per fortuna, le grandi case d’asta di Londra e New York e i più tradizionali mercanti d’arte di Bond Street come Colnaghis, Wildenstein e Agnews che erano pronti e ben disposti, oltrechè più che qualificati, a trasformare l’Old Master aziendale in denaro. Seguendo il vecchio detto che la ricchezza scorre dai deboli ai forti, Sir Joshua Reynolds e altri artisti trovarono rapidamente nuove “case” in altre sale riunioni rivestite in legno, questa volta negli uffici di società legali, consulenti di gestione e banchieri ospitati, di solito, nei grattacieli di Midtown o Lower Manhattan.
La maggior parte dei collezionisti dei secoli successivi ha riconosciuto che uno degli svantaggi delle belle arti, in comune con l’oro, è quello di non generare un reddito. Questo diventa più evidente in tempi di crisi, quando i collezionisti hanno bisogno di fare cassa vendendo i loro quadri con poco preavviso. Fu una delle ragioni per cui, durante la vendita forzata “cessio bonorum”***, nel 1656, delle proprietà di Rembrandt, beni come armature e altre antichità, per non parlare della sua collezione di quadri e disegni di artisti dei tempi passati, furono venduti per pochi spiccioli.
Nel “lunedì nero”, il 19 ottobre 1987, che colpì i mercati azionari provocandone inaspettatamente il crollo, gli studiosi d’arte furono contattati con sempre maggiore frequenza dai collezionisti che erano alla ricerca di acquirenti per le opere che possedevano e che avrebbero voluto vendere rapidamente.
Esporre quadri originali in un ambiente degno di riceverli è un fattore importante nella gestione dell’immagine aziendale, una vera e significativa dimostrazione dell’identità culturale di un’azienda verso il mondo. Tuttavia, non tutte le organizzazioni che vogliono creare un’immagine esclusiva possono permettersi di appendere o anche solo di voler esporre in pubblico quadri di vecchi maestri. Infatti, investire in arte originale comporta anche un notevole esborso di capitale per i collezionisti, sia privati che aziendali. Prendersi cura delle opere d’arte comporta anche la cura di oggetti preziosi, compresa la loro conservazione e il restauro. Può anche richiedere l’investimento di un sostanziale capitale per coprire gli alti premi d’assicurazione contro il furto, danno o la perdita.
Verso la metà del ventesimo secolo, le istituzioni con gusti da “champagne” per adornare le loro pareti aziendali con opere di alto livello, ma che possedevano solo “stanziamento da birra”, finirono per, adottare, piuttosto che comprare, dipinti di antichi maestri.
Il Midland Health Board, un’agenzia di gestione della sanità pubblica finanziata dal governo irlandese nell’antica città di Tullamore, nella contea di Offaly, nelle Midlands, patria del leggendario whisky, Tullamore Dew, è stata la prima istituzione documentata ad adottare una collezione di dipinti di vecchi maestri. La collezione conteneva opere di Jan Breughel de Velours, Richard Wilson e altri dipinti originali di vecchi maestri, principalmente dall’Europa settentrionale. Il pubblico poteva ammirare liberamente le opere d’arte dal 1973 in poi, in quello che era conosciuto come l’Old Master Museum. L’istituzione culturale di Tullamore divenne un importante risorsa intellettuale per tutta la regione.
Nel 2008, l’Irlanda ha sperimentato i primi sintomi della crisi immobiliare e le entrate del governo, che dipendevano quasi interamente da questo settore, sono crollate bruscamente. Le banche irlandesi soffrirono di gravi crisi di liquidità e come risultato della caduta del mercato azionario internazionale e del calo delle entrate locali, il governo della contea di Tullamore trovò sempre più difficile sostenere il suo Old Master Museum, che fu obbligato a sopprimerlo nel Maggio 2012.
Uno dei progetti di maggior successo per permettere al pubblico, amante dell’arte, di adottare i dipinti dei maestri antichi fu avviato dalla Victoria Art Gallery, a Bath, Somerset nel Regno Unito.
Dipinti adottati dalla Victoria Art Gallery nella città
di Bath, Somerset UK, appesi sui muri dell’Ufficio del Registro.
Città termale, Bath fu un centro per il ritratto alla fine del XVIII secolo, quando vi erano attivi Thomas Gainsborough e JMW Turner.
Il continuo successo del progetto di adozione è stato ottenuto attraverso l’uso di un concetto ingegnoso: creare una simbiosi che avvantaggiasse il desiderio dell’amante dell’arte di possedere, per un periodo, un’opera della collezione e, allo stesso modo, permettere la conservazione pratica e la difesa dei capolavori del museo. L’individuo, o l’organizzazione, prendeva sotto la sua ala una delle opere d’arte del museo e contribuiva, con una cifra spesso modesta, al restauro dell’opera d’arte o anche solo alla conservazione della sua antica cornice dorata. Nel laboratorio di restauro del museo, i restauratori potevano procedere alla rimozione dei vecchi ritocchi e della vernice scura e quindi a ridipingere discretamente le aree mancanti degli strati di vernice Al termine dei lavori, quindi, il benefattore privilegiato poteva appendere un’opera d’arte riconosciuta alle pareti dei suoi locali pubblici oppure privati per un intero anno.
Un’altra istituzione europea che ha permesso al pubblico di adottare un quadro di un antico maestro è la Dulwich Picture Gallery nel sud di Londra, il primo museo d’arte pubblica d’Inghilterra. Il programma fu iniziato nel 1988 ed ha conseguito un grande risultato.
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Oltre a offrire al donatore il diritto di visitare il laboratorio di conservazione, il nome del benefattore appare anche sull’etichetta del quadro attaccata al muro del museo d’arte. Inoltre, il donatore partecipa a un vernissage privato quando il quadro restaurato prende finalmente il suo posto tra le altre opere d’arte sulle pareti del museo. L’opportunità di utilizzare l’immagine del quadro come biglietto da visita, senza l’obbligo di pagare la normale tassa di riproduzione, ha probabilmente più valore per il committente istituzionale
Accordi analoghi, che permettono agli amanti dell’arte privati e istituzionali di adottare dei quadri, stanno emergendo in Europa, in particolare in Francia e nei musei d’arte degli Stati Uniti. Potrebbe essere di grande aiuto per un museo d’arte locale, dove un quadro importante può giacere trascurato nel magazzino per mancanza di mezzi finanziari per fermare il suo deterioramento. Questa iniziativa creerà l’opportunità di esporre l’opera d’arte restaurata, in modo che possa essere ammirata da un ampio pubblico, esposta nel suo antico splendore.
Tuttavia, in questo caso, sarebbe più corretto parlare di “adozione a distanza”. Il benefattore può rapportarsi strettamente con l’opera d’arte adottata attraverso un dialogo attivo e continuo con il curatore del museo e il conservatore del quadro. Egli, infatti, riceve regolarmente aggiornamenti e fotografie dei progressi dell’opera d’arte durante il suo restauro. Le istituzioni americane di belle arti normalmente non prestano il quadro adottato ai donatori; d’altra parte, per questi ultimi, vi è un prezioso vantaggio fiscale in quanto, adottando un’opera d’arte, la donazione è deducibile dalle tasse.
Una spiegazione dell’emergere del fenomeno dell’adozione di quadri, dalla seconda metà del XX secolo, è legata alla scarsità di tele impressionisti e di antichi maestri che arrivano sul mercato. Il 29 Gennaio 2014 Christie’s ha messo in catalogo un quadro di Artemisia Gentileschi, **** una stimata pittrice barocca, “Self-Portrait as a Lute Player”, per la loro vendita di dipinti antichi al Rockefeller Plaza di New York. Ci si aspettava che fosse venduto tra i tre e i cinque milioni di dollari. Alla fine, però, è rimasto invenduto a due milioni. Tuttavia, nel 2019, un’Artemisia raffigurante il suicidio di una nobildonna romana ha raggiunto la cifra di 5,3 milioni di dollari in un’asta a Parigi. Cifra ancora fuori dalla portata di molti collezionisti, sia privati che istituzionali.
Un problema logistico che un’istituzione di belle arti incontra quando organizza l’adozione di un quadro è la sua impronta ecologica legata alle emissioni dei mezzi di trasporto usati. La Victoria Art Gallery di Bath, per esempio, è più contento se il potenziale benefattore risiede in un raggio di 24 chilometri da Bath. Per l’adozione di un dei miei quadro originale da parte di collezionisti privati e aziendali nel Principato di Monaco, in Provenza-Costa Azzurra, sulla Riviera italiana e nell’Italia settentrionale, il rispetto dell’ambiente è facilmente soddisfatto, poiché il quadro deve percorrere una distanza relativamente breve.
Un’osservazione, vera ai suoi tempi e ancora valida oggi, fu fatta da Thomas J. Watson, Sr., il fondatore dell’ IBM, “il crescente interesse delle imprese per l’arte, e gli artisti, è a loro vantaggio reciproco”.
Rembrandt ha avuto un bel colpo di fortuna
“Rembrandt ha bisogno di aiuto per gestire il suo pesante
carico di lavoro ora che tutti lo credono morto“.
L’annuncio prematuro della sua morte costringe Rembrandt a fare gli straordinari a causa del conseguente aumento della domanda dei suoi quadri.
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CITAZIONI
* Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova 1562-1612, fu il primo mecenate importante per Peter Paul Rubens.
** Uno delle tele del re finì, poi, a Townsville, una cittadina sulla Great Barrier Reef, nel Queensland, nell’Australia tropicale.
***Cessio bonorum***Una bancarotta volontaria di origine romana, che permise a Rembrandt di cedere volontariamente tutti i suoi beni ai creditori ed evitare la galera.
****Artemisia Gentileschi, (1593-1652/3)
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