By Matthew Moss, Art Monte-Carlo
Pompeo Batoni, Lucca, 1708 – Roma, 1787, Madonna col Bambino e Sant’Antonio da Padova
Tra i maestri italiani del periodo che oggi sono meno conosciuti, ce n’è stato uno che, inavvertitamente o meno, ha catturato una lucrosa nicchia di mercato rappresentata dai latifondisti della nobiltà inglese e dagli anglo-irlandesi. Uno di questi fu il birraio Joseph Leeson, che, elevato a quello che i cinici membri della Camera dei Lord del XIX secolo chiamerebbero il Beerage, divenne, Earl of Milltown nella contea di Dublino.
Prima di fare il suo nome e, non meno importante, la sua fortuna dipingendo ritratti, Batoni era attratto dai soggetti mitologici allegorici e, avendo la fortuna di condividere Roma con la sede della Chiesa, un reddito costante rappresentato dai dipinti religiosi. Batoni era un artista che prendeva sul serio i soggetti religiosi e faceva pagare un premio per tali opere, rispetto ai suoi ritratti. Un buon esempio dello stile delicato che adottò nei suoi dipinti religiosi più piccoli è la nostra “Madonna col Bambino e Sant’Antonio da Padova”, gravemente danneggiata.
Con il passare del tempo, le tele diventano deboli e fragili e hanno bisogno d’un rifodero, cioè al conservatore si applica una nuova tela sul retro dell’originale. Anche questa, con il passare del tempo, si logora e non sostiene più il quadro. Con il nostro Batoni è successo questo. Il dipinto ovale tenuto in tensione, all’interno di una pesante cornice di legno dorato ed elaborato, con la forza di gravità è caduto dal muro e la tela è , letteralmente, scoppiata.
Si è stati fortunati che il proprietario del dipinto è stato in grado di recuperare la maggior parte dei frammenti di tela sparsi al momento del disastro. Questo tipo di disastro avviene più frequentemente nelle collezioni private. Il proprietario attacca il quadro incorniciato a un gancio nel muro con filo di rame o addirittura dello spago e se ne dimentica al più presto. Questi inevitabilmente si arrugginiscono o si consumano. Spesso non riescono nemmeno a fissare saldamente il gancio stesso nel muro. Questo è improbabile che accada nelle collezioni pubbliche o nei musei. Lì, i quadri incorniciati sono attaccati direttamente al muro o appesi ad aste, appositamente progettate. Questo tipo di binario per appendere, un’asta regolabile che è attaccata a una staffa angolare che corre orizzontalmente lungo la parte superiore del muro, è un sistema semplice ed efficace. Conosciuti come ‘Cimaises pour accrochage des tableaux’ sono poco costosi e disponibili nella maggior parte dei grandi negozi d’arte e di bricolage. Il filo metallico che sostiene il nostro grazioso Batoni, nel frattempo, soccombeva alla ruggine e al peso della pesante cornice dorata, ricevendo il suo colpo finale quando l’opera cadde direttamente su una piccola statua di bronzo sottostante, e perforò la tela.
Vita, morte e resurrezione di Pompeo Batoni
A causa dell’alta tensione cui la tela tesa fu sottoposta, il violento impatto staccò completamente molti frammenti di tela dipinta. La testa di Sant’Antonio, quella del Bambino Gesù, diversi altri frammenti rimaneva ancora legati alla tela originale da un sottile filo di lino. Una vecchia iscrizione sul retro della cornice ovale rivelò che a metà del 19° secolo i restauratori attaccarono una tela aggiuntiva, conosciuta come rifodero, al dipinto originale. Il danno appariva così grave e permanente che i proprietari della tela insistettero che ogni tentativo di salvare il dipinto fosse inutile.
Retro di Pompeo Batoni subito dopo l’incidente. Il centro esploso e gli strappi orizzontali mostrano l’enorme tensione cui era sottoposta la tela. L’immagine di destra mostra la graduale rimozione del vecchio doppio strato di tela dal retro del dipinto.
La “Sacra Famiglia con Sant’Antonio” di Batoni subi una lacerazione grave con molti frammenti mancanti. La tela sovra-vissuta circostante, tuttavia, rimase attaccata al suo telaio ligneo. La delicata operazione chirurgica, per sostituire i pezzi mancanti, che la statua di bronzo aveva perforato, divenne un vero enigma per i restauratori. Il quadro è stato posto su un supporto ovale imbottito per proteggere la sua superficie, e i restauratori, temporaneamente hanno messo, sull’opera d’arte, i frammenti dipinti nei loro posti originali. Invertendo la tela e usando bisturi affilati, hanno rimosso, filo per filo, la tela fragile e consumata e la sua fodera originale.
Il fragile dipinto fu originariamente, teso e inchiodato strettamente sul suo telaio e tenuto in tensione. I danni causati dallo scoppio della tela e dal rilassamento del tessuto hanno lasciato dei vuoti nella tela. Qui sono stati aggiunti dei frammenti di ricambio. Il leggero cambiamento di dimensioni dei vari brandelli ha fatto sì che molti frammenti non fossero in grado di riunirsi per combaciare correttamente.
Gli esperti di conservazione hanno adottato strati di tessuto sintetico fino (, per rinforzare il retro della tela originale e i frammenti di colore recuperati. Questo ha impedito l’insorgere di tensioni indesiderate all’aggiunta di una nuova tela sul retro. Al termine, la superficie pittorica era abbastanza stabile, permettendo ai tecnici di rimuovere lo strato di tessuto protettivo che l’aveva, in precedenza, coperta. Usando chiodini di rame, hanno stretto e inchiodato il retro di Pompeo Batoni sul suo telaio originale.
Il loro prossimo compito fu quello di pulire il sottile e fragile strato pittorico. Per decenni, la bellezza dei colori originali fu nascosta sotto strati di vernice spessa e scura. La pulizia della delicata superficie di un dipinto è un processo minuzioso. Richiede la massima abilità da parte del restauratore professionista. Lui o lei dovrebbe essere in grado di scegliere la tecnica di pulizia più adatta ad un particolare periodo artistico, scuola o singolo dipinto. Alcuni artisti del XVII secolo come il napoletano Mattia Preti o i pittori di genere fiamminghi, David Teniers e Adrian Brouwer usavano tecniche particolari, facilmente danneggiate durante il processo di restauro dall’uso incauto di solventi chimici. In seguito all’operazione, i restauratori hanno ritoccato e armonizzato i colori originali circostanti quelli che furono persi.
Con la resurrezione della “Sacra Famiglia con Sant’Antonio”, le sottili pennellate del quadro rivelano il debito di Pompeo Batoni verso Carlo Maratta. I suoi colori lasciano intravedere l’eleganza rococò che si ritrova nel suo “Ritorno del figliol prodigo”, dipinto nel 1773 per la corte reale di Vienna e ora nel Kunsthistorisches Museum della città.
“Dato l’aspetto inaspettato e meraviglioso del Pompeo Batoni dopo che i conservatori lo hanno riportato in vita, tutti hanno convenuto che il tempo speso e lo sforzo impiegato nella delicata operazione di resuscitare un Vecchio Maestro dato per perso è stato un successo sicuro “.
Pompeo Batoni acquisì un aspetto inaspettato e splendido dopo che i conservatori lo resuscitarono . Il tempo e lo sforzo spesi per la delicata operazione di conservazione fu un successo visibile. La tecnica di Batoni è quella dei pittori classici dei generazioni precedenti, come Raffaello e Guido Reni. Era sensibile all’influenza emergente dello stile neoclassico nei circoli dell’arte contemporanea, ma evitava la fredda finitura accademica che si trova nei dipinti dei suoi contemporanei, Anton Raphael Mengs e Jacques Louis David.
In un restauro che ha salvato con successo questo piccolo capolavoro, vediamo ora come l’uso del rosso da parte dell’artista nel manto della Vergine mostra l’influenza tardobarocca di Carlo Maratta, un pittore romano di una generazione leggermente precedente. Questo può essere visto nel disegno diagonale dell’arabesco del dipinto formato dal movimento, della Madonna che abbraccia l’immagine di Gesù e la sua conclusione nella venerabile forma di Sant’Antonio. La spiritualità di Carlo Maratta si ritrova nella “Sacra Famiglia con Sant’Antonio” e mostra Pompeo Batoni come il naturale erede e successore dello stile classico.