Durante il boom degli anni, 1980-90 c’è stata una grande espansione delle dimensioni dei musei d’arte in tutto il mondo. Si va dall’ala Sainsbury della galleria nazionale di Londra, costruita nel 1991, alla galleria nazionale d’Irlanda che si è espansa davanti al boom edilizio, che fu breve, per non parlare del rinnovamento del Louvre del Presidente François Mitterrand nel 1981-2002, compreso il rifacimento del 1989 dell’ingresso della Cour Napoléon da parte dell’architetto I.M. Pei.
Il visitatore dei musei deve affrontare opere d’arte, dipinte su carta, tela, legno, ardesia e rame, create in una varietà di mezzi come olio, tempera all’uovo, encausto e, nei musei d’arte moderna, pigmenti di resina sintetica e tecniche miste. Il tutto appeso in un immenso spazio immobiliare climatizzato, tutto in nome della cultura.
Per visitare un museo d’arte importante bisogna essere mentalmente preparati, pandemia permettendo. Dovrete camminare molto, e questo implica l’uso di scarpe comode, in modo che a metà strada non cominciate a chiedervi se il progetto lo merita . Il vantaggio della maggior parte dei musei di oggi è che ad un certo punto della vostra passeggiata vi imbatterete in un rifugio dove alleviare il sovraccarico di informazioni con un spuntino. Per sfruttare seriamente tutto il valore che un museo d’arte offre, affrontate l’impresa come se fosse l’equivalente culturale della preparazione al millenario pellegrinaggio a piedi a Santiago De Compostela in Galizia, nel nord-ovest della Spagna.
Per visitare un grande e importante museo d’arte è necessario essere preparati mentalmente. Camminerete molto e questo comporta l’uso di scarpe comode per camminare, in modo che a metà strada non cominciate a chiedervi se il progetto vale la pena di essere stressato. Il vantaggio della maggior parte dei musei oggi è che a un certo punto del vostro perambulazione v’imbatterete in un rifugio dove potrete alleviare il peso sui vostri piedi dolenti e alleviare il sovraccarico d’informazioni con un pasto e una bevanda. Per guadagnare seriamente il pieno valore che un museo d’arte offre, avvicinatevi all’impresa come l’equivalente, culturale, della preparazione del pellegrinaggio millenario a piedi a Santiago De Compostela.
C’è la percezione attuale che i musei siano, di fatto, un ramo dell’industria del tempo libero, piuttosto che il volto visibile del nostro patrimonio culturale. L’introduzione di un direttore d’impresa, che ha assunto la carica, un tempo occupata dal direttore del museo, ha rafforzato la tendenza a monetizzare l’eredità intellettuale di una nazione. Il curatore del museo, che prima era un importante studioso d’arte, ora è, spesso, promosso lateralmente. Le fonti di notizia online rafforzano questa percezione catalogando l’arte, gli artisti, i musei e le gallerie come un fonte di intrattenimento.
I visitatori delle grandi mostre degli antichi maestri vedono questo approccio come l’alimentazione dei bisogni e degli interessi dei dirigenti del marketing, stimolano la domanda. L’amante dell’arte sperimenta la sgradevole sensazione di sentirsi forzato attraverso una macchina di salsicce culturali con custodi prepotenti, esortando i visitatori a “muoversi, muoversi”. Nel caso dell’autore, visitando, nel 2006, la celebrazione della nascita di Rembrandt, al Rijksmuseum, fu ammonita da uno sgradevole addetto per essersi soffermato davanti alla “Ronda di notte” di Rembrandt e aver, in questa maniera, interrotto la proiezione di un puerile intrattenimento al laser Son et Lumière, improbabilmente proiettato sulla superficie dipinta del capolavoro di Rembrandt.
“Meglio che sia in gamba, questo Rembrandt”’ (dettaglio)
Opera esposta a Leiden, Olanda, per celebrare il 400° anniversario della nascita di Rembrandt. Il dettaglio mostra la presenza schiacciante di guardie di sicurezza, controlli e sorveglianza che dominano mostre di alto valore, famose e rinomate, che generano grossi profitti per gli organizzatori.
Un’idea molto più bella è quando si viaggia di visitare musei più modesti e meno conosciuti. Può essere un piacere inaspettato quello d’imbattersi in capolavori rari e inattesi, come la serie di dipinti su tavola di Hieronymus Bosch nascosti nelle profondità del Palazzo Ducale a Venezia.
Rembrandt van Rijn e simili mostre di antichi maestri, orientate al gusto del mercato del turismo e dei viaggi, si svilupparono rapidamente verso la fine del ventesimo secolo. Le banche internazionali e le grandi case editrici identificarono un mercato fiorente in cui le loro innate capacità di marketing, organizzazione e investimento sarebbero potuto essere utilizzati. Le mostre di artisti famosi di epoche precedenti apparivano un investimento a lungo termine, importante e redditizio.
Il marzo 2020 segnò una pandemia globale. Ha messo in parallelo l’epidemia d’influenza del primo dopoguerra, 1918-1919. Il conseguente risultato fu una contrazione inaspettata, con il devastante virus Corona che causò numerosi morti in tutto il mondo. La base d’investimento esistente, delle mostre internazionali di belle arti, che richiedeva una fonte rinnovabile e costante di visitatori, crollò. Un’altra fonte, l’industria delle crociere, che aveva creato un flusso costante di consumatori amanti dell’arte, è affondata contemporaneamente.
Il turismo dell’arte è stato spazzato via in un colpo solo. La nuova base di investimento che le mostre internazionali di belle arti ed i musei avevano sviluppato, necessitava una fonte costante e rinnovabile di patrocinio.
La National Gallery of Art di Washington, inaspettatamente, cancellò “Un Barocco Superbo: Art in Genova,1600 – 1750” che avrebbe dovuto svolgersi dal, settembre 2021 al gennaio successivo. Le gallerie europee avevano già provveduto a predisporre, imballare e preparare il trasporto delle loro opere d’arte a Washington: creando malcontento, frustrazioni e perplessità da tutte le parti visto che i musei europei ricevettero l’avviso di cancellazione, poche settimane prima dell’inaugurazione della mostra. Un esempio recente, di gestione disinvolta da parte di musei d’arte, in un periodo di pandemia.
Fu un progetto condiviso organizzato dalle Scuderie del Quirinale a Roma, dei musei di Genova con la collaborazione congiunto dalla Washington, National Gallery of Art. Le due capitali fu rimaste impegnate nelle mostre. Anche in un periodo di emergenza in corso, covidi, si rivelò un compito difficoltoso.
Dove altre istituzioni internazionali avrebbero desistito, i vari presidenti della mostra erano tutti baci e abbracci. Superbarocco, che doveva aprire nella primavera del 2020, ha finalmente inaugurato il 27 marzo fino al 10 luglio 2022. La mostra, contenente dieci opere d’arte da Washington, fu ospitata, simultaneamente nel Palazzo Ducale, Genova e, con al suo centrale Fontana dei Dioscuri al palazzo settecentesco, delle Scuderie del Quirinale di Roma.
Hieronymus Bosch circa 1505, Trittico con San Girolamo, Palazzo Ducale, Venezia.
La città di Milano ha il vantaggio di possedere alcuni piccoli ed importantissimi musei d’arte (Pinacoteca), il Brera, l’altrettanto importante Poldi Pezzoli ed il Museo Ambrosiano, tutti e tre ricchi in capolavori. Questi musei d’arte sono abbastanza piccoli da permetterci di godere della loro bellezza con il minimo di fatica.
Il Museo Ambrosiano era il Palazzo del cardinale Federico Borromeo, arcivescovo di Milano. Al suo interno è conservato il celebre quadro “Cesto di frutta”, realizzato da Caravaggio intorno al 1599. Jan Brueghel de Velours, figlio del maestro fiammingo Peter Brueghel, aveva una lunga associazione con il Borromeo e ben dopo il ritorno dell’artista dal suo viaggio in Italia per lavorare ad Anversa, il cardinale continuò a commissionargli dei dipinti, in particolare paesaggi, nature morte e fiori, fino alla prematura scomparsa del pittore avvenuta nel 1625. Il cardinale acquistò da Brueghel almeno trentacinque opere, che ne fanno la più grande collezione di quadri fiamminghi al di fuori dei Paesi Bassi. Molti di questi rimangono alla Pinacoteca Ambrosiano, tra cui l’importante opera di Jan Brueghel de Velour del 1610 su rame, Daniele nella fossa dei leoni.
Caravaggio, Cena in Emmaus (1606) , Pinacoteca Brera, Milano.
La ‘Canestra di frutta’ di Caravaggio nel Museo Ambrosiano è affiancata da un’altra, ‘Cena in Emmaus’ nel Museo di Brera. È una versione diversa dello stesso soggetto nella National Gallery di Londra. L’opera precedente (1601) nella National Gallery è molto più apertamente barocca, con i drammatici gesti delle mani di Cristo e dei due discepoli, Luca e Cleofa, con luci teatrali e ombre proiettate sul muro dietro le figure sedute, in un modo simile a un film espressionista tedesco degli anni venti.
La versione successiva (1606) al Brera, molto più sobria (stanza ventinove), è eseguita con una gamma limitata di colori. L’opera è circondata da dipinti di Mattia Preti, ‘Madre che offre i suoi figli al Redentore’ od Orazio Gentileschi, ‘i Martiri’. Le loro opere mostrano la profonda influenza che questo artista ribelle ebbe sui suoi colleghi pittori. La fonte di ispirazione ante litteram per i dipinti di Caravaggio sembra essere tratta dalle pagine dell’omaggio all’esistenzialismo di Colin Wilson del 1956, The Outsider.
Il suo drammatico stile chiaroscurale si sviluppò rapidamente nei Paesi Bassi, in particolare attraverso pittori olandesi barocchi come Gerrit van Honthorst, Matthias Stomer e Hendrick Terbrugghen. Essi possono aver visto ed essere stati influenzati dal suo stile tardivo. L’influenza di Caravaggio permeò in seguito le opere di Rembrandt.
La fonte di Caravaggio è apparentemente tratta dalle pagine dell’omaggio all’esistenzialismo di Colin Wilson del 1956, The Outsider, Il suo drammatico stile chiaroscurale si diffuse rapidamente nei Paesi Bassi, in particolare gli artisti olandesi del Barocco, come Gerrit van Honthorst, Matthias Stomer e Hendrick Terbrugghen, che forse hanno visto e sono stati influenzati da questa versione successiva. L’influenza di Caravaggio ha poi permeato, fino alle opere dello stesso Rembrandt.
La possibilità di navigare attraverso un museo di dimensioni ragionevoli offre al visitatore colto, anche allo studente d’arte, l’opportunità di aumentare le proprie competenze in termini di diverse tecniche pittoriche in modo sorprendentemente profondo. Una caratteristica interessante del Brera è il modo in cui Maria Teresa d’Austria nel 1776 creò il museo accanto a un’Accademia di Belle Arti, emulando l’Accademia delle Arti del Disegno fondata da Giorgio Vasari e Cosimo I de’ Medici a Firenze nel 1563, un’idea seguitata da quello fu, in secondo tempo la Collegio Nazionale d’arte di Dublino.
Il concetto fu di una scuola d’arte all’interno di un museo, dove i giovani artisti potevano valutare, da vicino, le creazioni dei vecchi maestri e, emulando composizioni, idee e tecniche pittoriche delle generazioni precedenti, trovare inutile re-inventare la ruota. L’idea dell’Accademia è ancora attiva e popolare a Firenze e de la Brera di Milano. Tuttavia, anche prima della rivoluzione studentesca del ’68, l’Accademia fu caduta in disuso. In Francia, Irlanda e altrove, tali metodi d’insegnare l’arte aveva acquisito una connotazione negativa, essendo visto come fossilizzati, ripetitivi, privi d’immaginazione e troppo commercializzati.
Quando finalmente fuggirete alla luce del giorno ed entrerete nel mondo reale, invece di aver, per così dire, fatto questo museo o visitato quella National Gallery vi renderete conto, attraverso gli occhi dei maestri antichi che vi siete appena lasciati alle spalle di quanto la natura, nelle parole di Oscar Wilde, sembri imitare l’arte.
Se ha bisogno di una stima del suo antico quadro, contattare Matthew Moss at Free Paintings Evaluation.